Il Tema

 

 

 

 

 

 

 

 

Trasporti & Cultura è un’idea nuova, quella di mettere in relazione due mondi apparentemente estranei e inconciliabili: i trasporti, di solito considerati per gli aspetti tecnici, funzionali ed economici, e la cultura, che si colloca nella sfera delle esigenze spirituali

I trasporti, oltre a costituire una necessità per lo sviluppo di un paese e una presenza quotidiana nella nostra vita, sono anche storia, sono architettura, e quindi progettazione di nuovi elementi Nel paesaggio. I trasporti sono modificazione del territorio in cui viviamo, condizione che orienta i comportamenti. Dunque i trasporti sono cultura. E poiché incidono, da tutti i punti di vista, sulla nostra realtà, dobbiamo considerarli con sempre maggiore attenzione. Con un’ottica interdisciplinare.

Gli studi e il dibattito su questi temi prendono forma nella pagine della Rivista Trasporti & Cultura, quadrimestrale di architettura delle infrastrutture nel paesaggio.                               

 

 

Le relazioni fra i trasporti e la cultura sono molto strette, ramificate, interdisciplinari.

I TRASPORTI COME STORIA

Si può delineare una storia dei trasporti. Dagli albori della civiltà, per millenni, si è potuto viaggiare solo a dorso di quadrupede. Si usavano anche vari tipi di carrozze che, dapprima rudimentali, si fecero via via sempre più comode e veloci. Nel ‘700 si poté viaggiare abbastanza comodamente grazie anche ai servizi di linea con diligenza.

Nell’800 l’invenzione della ferrovia rappresentò, dopo millenni di abitudini praticamente immutate, una vera e propria rivoluzione: si trattava del primo mezzo di trasporto meccanizzato della storia.

A partire dai primi anni del ‘900 si affermò  l’uso dell’automobile, che consentì l’autonomia totale degli spostamenti; contemporaneamente si sperimentarono aeromobili sempre più perfezionati e, negli anni Venti, si effettuarono i primi servizi aerei di linea. Treno, veicoli stradali, più tardi l’aeroplano consentirono, oltre al trasporto dei viaggiatori, anche quello delle merci.

Oltre ai trasporti in generale, anche ogni modalità di trasporto ha una propria storia. Anzi, se vogliamo, due storie: quella dei veicoli e quella delle infrastrutture.

Pensando alla storia dei veicoli potremmo ricostruire le modifiche – tecniche, funzionali ed estetiche – che hanno segnato lo sviluppo delle locomotive dal vapore agli attuali convogli molto sofisticati come l’Eurostar italiano o il velocissimo TGV francese.

Idem per l’evoluzione delle carrozze, dai lontani velluti imbottiti delle prime classi (che diventavano dure panche di legno nelle terze) agli arredi molto razionali degli attuali interni dotati di aria condizionata e impianti di diffusione sonora. Potremmo anche tracciare una storia dei motori e, per esempio, degli impianti frenanti, delle forme e dei materiali, delle scelte politiche e delle produzioni industriali, in Italia e nei vari altri paesi.
La seconda è la storia delle infrastrutture. Nel caso della ferrovia, fin dal 1825 (anno in cui circolò, in Inghilterra, il primo treno) si pose il problema di costruire binari e stazioni, lunghe linee di collegamento fra le città grandi e piccole varcando i confini degli stati, scali per le merci, officine e depositi, magazzini e, più tardi, linee elettriche con apparati per la trasformazione e trasmissione dell’energia. Il tutto, naturalmente, aggiornando via via le modalità (seguendo la tecnica) e le dimensioni (per tener conto dei traffici).
Storie analoghe si potrebbero (e dovrebbero) scrivere per gli autoveicoli e le strade, per gli aeroplani e gli aeroporti. Senza dimenticare le navi. La nave, primo veicolo inventato dall’uomo, è stata letteralmente sopraffatta dalla “concorrenza” (un aereo è molto più veloce), poi si è specializzata: così per i viaggiatori abbiamo oggi navi da crociera e navi traghetto, per le merci l’esempio più evidente di specializzazione è quello delle navi porta-container. Il tutto ha modificato i porti. E via dicendo, per una ricostruzione che, in gran parte, è ancora da scrivere.

Fin qui la storia dei trasporti. Poi ci sono le vicende dei trasporti nella storia: la grande storia, quella politica ed economica delle nazioni.
Per fare un esempio, lo sviluppo della rete ferroviaria italiana è legata all’unificazione politica della penisola. Nel 1839 era stata inaugurata la linea di 7 chilometri da Napoli a Granatello di Portici, nel Regno delle due Sicilie.
Ben presto i sovrani degli altri piccoli stati si convertirono alla ferrovia, ma lo fecero sulla spinta dei propri interessi particolari, costruendo piccole linee interne, senza alcuna relazione con gli stati limitrofi. L’unico stato che, in quella prima fase preunitaria, venne subito dotato di una linea ferroviaria di vaste proporzioni fu il Regno Lombardo-Veneto: la linea Milano-Venezia, costruita dal 1841 al 1857 col ponte sulla laguna, rispondeva anch’essa, comunque, alle esigenze di collegamenti interni del grande impero d’Austria.
Alla realizzazione di un programma organico di costruzioni ferroviarie si giunse, in Italia, solo con l’unificazione politica di gran parte della penisola: già negli anni dal 1861 al 1865 venne condotta a termine l’importante linea Bologna-Ancona-Foggia, poi la Roma-Napoli via Cassino, la Roma-Orte-Ancona, la Bologna-Firenze lungo la via di Porretta e così via. Alla costruzione si provvide col sistema delle concessioni: si partì da una ventina di società private, che rapidamente vennero concentrate, e nel 1885 si ebbero due sole società concessionarie.

TRASFORMAZIONI INDOTTE DAI TRASPORTI,
NELLA VITA QUOTIDIANA E NEL TERRITORIO
 
L’evoluzione dei mezzi di trasporto ha cambiato la vita della collettività e profondamente trasformato l’assetto del territorio.
Vediamo qualche esempio
 
PASSAGGIO DALLA NAVIGAZIONE FLUVIALE ALLA FERROVIA
Prima dell’invenzione del treno, i trasporti per la via di terra erano molto difficili e costosi: si viaggiava a trazione animale, i veicoli erano primitivi, le strade erano malandate, irregolari, scoscese nei tratti di montagna, minacciate dalle forze della natura (le frane, per esempio) e da quelle dei malviventi (che si appostavano per derubare i viandanti).
Per questa ragione, quand’era possibile, si viaggiava e soprattutto si trasportavano le mercanzie per le vie d’acqua, non soltanto per mare ma anche lungo i fiumi.
I fiumi navigabili erano numerosi, nella penisola italiana, e soprattutto nell’area settentrionale: si procedeva a bordo di imbarcazioni, e il legname scendeva la corrente caricato su apposite zattere. Per risalire la corrente, le imbarcazioni venivano trainate da cavalli che procedevano lungo le vie alzaie. Lungo i fiumi erano installati complessi portuali dei quali si sono perse le tracce.
La ferrovia cancellò rapidamente quell’organizzazione, mutando il paesaggio, costringendo gli uomini a nuovi mestieri.
Il passaggio dai trasporti fluviali a quelli ferroviari fu all’insegna della velocità. Sull’acqua si viaggiava per giorni, lungo i binari in poche ore. Cambiarono le abitudini, i rapporti familiari, i modi di abitare e di vestire. Si ridusse, col tempo impegnato, anche la fatica, perché il traino era affidato a un mezzo potente (la locomotiva) e si trasportavano grandi masse di mercanzie.
I commerci si svilupparono lungo direttrici differenti, non più vincolate dal percorso dei fiumi (com’era avvenuto per secoli) ma lungo nuovi itinerari “artificiali” (le linee ferroviarie). Cambiarono le relazioni fra le città, fra zone montuose e pianure, e si accorciarono le distanze.

LA FERROVIA COME ELEMENTO DI TRASFORMAZIONE URBANISTICA
Fin dalle origini l’inserimento, in una città, della stazione ebbe un ruolo determinante nell’evoluzione urbanistica, comportando, in particolare nelle grandi città, la trasformazione degli schemi viari (apertura di nuove piazze e nuove strade), l’abbattimento di mura di cinta, più tardi l’ampliamento e riordino in dipendenza dello sviluppo degli impianti ferroviari. In funzione della ferrovia si dimensionarono le nuove zone industriali. La stazione costituì un polo di attrazione dell’abitato.
Nel caso di Padova, che può considerarsi emblematico, sappiamo che nei primi decenni dell’800 la città si trovava stretta entro la cinta muraria costruita nel ‘500 dal governo veneziano: la stazione venne costruita, nel 1842, nella zona fuori delle mura in corrispondenza di Porta Codalunga. A risentire negativamente della ferrovia fu il Portello, il porto fluviale di Padova al quale facevano capo i collegamenti lungo il Brenta fino a Venezia. Le persone e le merci abbandonarono le barche e si orientarono rapidamente sul treno, che era molto più comodo e veloce: così la comunità dei barcaioli si trovò improvvisamente ridotta in miseria, e da quella grave crisi ebbe origine la storia di un quartiere povero e turbolento.
Nella zona tra la strada ferrata e le mura, prima in prevalenza agricola, già negli ultimi decenni dell’800 si insediarono diverse attività industriali. La popolazione aumentava, e così il movimento commerciale. Intorno alla stazione si costruivano anche abitazioni: poco a poco si sviluppò, a sud della ferrovia, il nuovo quartiere dell’Arcella. Si pose l’esigenza di sopprimere il passaggio a livello di Borgomagno, che rallentava la circolazione stradale e costituiva motivo di pericolo: a cavallo del nuovo secolo (mentre nasceva un nuovo fabbricato viaggiatori, molto più ampio del primo) si costruì un cavalcavia che collegava il nuovo quartiere col centro storico.
Ma il principale problema da risolvere era quello di collegare il centro città (Caffè Pedrocchi) con la stazione mediante una strada diretta. La nuova arteria, costruita sempre in quei primi anni del ‘900, divenne l’asse fondamentale di sviluppo della città, con importanti edifici pubblici e privati.
Costruito il cavalcavia, ampliata la stazione, aperta la nuova strada per il centro città, ebbero un rapido sviluppo anche le attività produttive, che si concentrarono intorno alla stazione. I conseguenti traffici riproposero la necessità di ampliare nuovamente la stazione. Ma si provvide in tal senso solo dopo le devastazioni della guerra.

“SEGNI” DELL’AUTOMOBILE
Un’altra trasformazione epocale è stata, in tempi più recenti, quella indotta dall’automobile, trasformazione sia del territorio che della vita quotidiana e della psicologia stessa degli individui.
Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, ma proprio per la sua “ovvietà” ce ne potrebbe sfuggire la portata. Sono evidenti i segni che la presenza degli autoveicoli ha impresso sul territorio. Oggi ci sono autostrade, tangenziali, rotatorie che tagliano, attraversano: sono ben visibili, con la loro struttura artificiale, sia all’interno (percorrendole con l’automobile) che dall’esterno (soprattutto nella dimensione “verticale” dei viadotti). E non dimentichiamo i segnali stradali, che sono presenze istituzionali e codificate: si tratta di “accorgersi” che ci sono. Poi ci sono pompe di benzina, officine, attrezzature per lavaggio auto. I garage dovrebbero scomparire sottoterra: allora svolgerebbero al meglio la funzione di “inghiottire” le automobili per liberare i centri urbani. Invece la maggior parte delle automobili rimane in superficie, occupando una porzione consistente dello spazio pubblico, in una problematica contiguità con le persone e gli edifici.
Che l’automobile abbia cambiato, con le città e il territorio, anche le persone è un altro fatto macroscopico. Sappiamo dell’autonomia, della sicurezza-autostima che cerchiamo nella quattroruote, intuiamo le molteplici, sottili valenze psicologiche legate all’uso di questo straordinario strumento-feticcio che nasconde il cuore pulsante del motore all’interno di una seducente carrozzeria. E questo è un altro capitolo, ricchissimo e in parte ancora da esplorare.

PAGINE D’ARCHIVIO E ARCHEOLOGIA DEI TRASPORTI
Solo da pochi anni si presta attenzione alle infrastrutture di trasporto, per esempio alle stazioni ferroviarie e marittime, ma anche ai vari fabbricati minori come depositi locomotive, magazzini merci e via dicendo. Eppure lo studio di quelle architetture completa il panorama delle nostre città. Inoltre consente di ricostruire una vera e propria storia, separata, ma con qualche punto di contatto con gli stili architettonici delle diverse epoche. Dal raffronto di disegni e planimetrie conservati negli archivi storici aziendali si possono ricostruire, ad esempio, i progressivi ampliamenti delle stazioni. Questi sono legati, evidentemente, alle esigenze della popolazione e dell’economia.
Interessanti sono anche i disegni non realizzati. Oltre ad essere a volte molto belli, questi mostrano una realtà mai esistita.
La ferrovia, dopo le aree portuali, è la struttura di trasporto più antica: vecchie stazioni abbandonate e caselli hanno oggi un sapore di archeologia, tanto il progresso è stato rapido. L’ideale sarebbe conservare quei reperti del passato, quasi brani d’affresco nella rete tecnologicamente aggiornata, a testimonianza della ferrovia di un tempo che non esiste più. Invece quel che è vecchio viene abbattuto, un po’ per indifferenza, un po’ per la prevalente (peraltro legittima) esigenza di rinnovamento. Fra le opposte esigenze, si dovrebbe ricercare il giusto equilibrio.
  
UN TEMA INTERDISCIPLINARE
Quello dei trasporti è un tema interdisciplinare per eccellenza.

È evidente – e ampiamente analizzato nelle diverse branche dell’ingegneria – l’aspetto tecnico dei trasporti. Pensiamo, tanto per fare qualche esempio, alle modalità di costruzione di ferrovie e autostrade, ai progressi nell’uso dei materiali e all’introduzione di tecnologie sempre più evolute (con conseguenze sulla forma, come nel caso degli autoveicoli). Alla tecnica si legano direttamente fattori come velocità e sicurezza, facilità d’uso e costi.
Un approccio altrettanto noto, al tema dei trasporti, è quello economico. A parte il legame fra infrastrutture, industrializzazione, sviluppo dei servizi, è di natura economica la valutazione del costo di una ferrovia (strada, aeroporto ecc.), e del relativo rendimento. La prospettiva più aggiornata è data dall’organizzazione intermodale, che intende migliorare l’efficienza e ridurre i costi.
Quanto all’influenza dei trasporti sotto il profilo sociopsicologico, si pensi al fenomeno del turismo e, più in generale, al grande tema della mobilità. La dinamicità fisica, il ritmo veloce del nostro vivere non possono non influenzare, a loro volta, gli atteggiamenti: dall’inquietudine esistenziale al consumismo.
Un approccio importante al mondo dei trasporti è quello geografico, e in tal senso ricordiamo ancora le trasformazioni del territorio intorno a stazioni ferroviarie e aeroporti (strade, insediamenti abitativi, attività). C’è una branca della geografia che riguarda proprio le vie di comunicazione: il panorama va dalle vie fluviali dell’Africa e dell’Asia ai treni giapponesi superveloci, alle rotte aeree internazionali: un panorama geografico che richiama, al tempo stesso, l’evoluzione storica che i paesi occidentali hanno già vissuto nel corso dei secoli.
  
L’ARCHITETTURA DEI TRASPORTI
La geografia delle vie di comunicazione presenta numerose grandi opere di ingegneria. Si tratta di strade e ferrovie con viadotti e gallerie, stazioni, autogrill e semplici fabbricati di servizio. Si tratta di aeroporti con aerostazioni, hangar e vari edifici per i servizi tecnici. Non dimentichiamo i porti, dove edifici e strutture si sono stratificati nel corso di secoli: dato che sono cambiate le esigenze, (navi sempre più grandi, traffico containerizzato e quindi esigenza, a terra, di poderosi impianti di sollevamento), spesso il vecchio porto è stato abbandonato, e successivamente ristrutturato (come è accaduto a Genova con l’intervento dell’architetto Renzo Piano) e restituito in forma nuova alla città.
Ma, generalmente, di quelle strutture non ci accorgiamo: non ci chiediamo se una stazione sia interessante sotto il profilo architettonico o sia stata, invece, scopiazzata da un modesto impiegato di ministero. Né ci chiediamo quando, e come, sia stata costruita una linea ferroviaria o un aeroporto, o come fossero le autostrade mezzo secolo fa.
Volendo citare alcune grandi opere di ingegneria, pensiamo al ponte ferroviario sulla laguna (1846); quanto alle architetture di stazione dell’800, quella di Torino è grandiosa e bella, mentre fra le stazioni del ‘900 meritano attenzione, nella loro diversità, quella eclettica ed aulica di Milano e quella razionalista di Firenze (sono quasi contemporanee).
Molte le opere piccole o accessorie. Alcune sono andate perdute (è il caso degli hangar per aeroplani disegnati da Pier Luigi Nervi negli anni ’30, a Orbetello e Torre del Lago, e distrutti dai bombardamenti). Altre opere esistono ancora ma ... appunto non ce ne accorgiamo: pensiamo a certi fabbricatini presenti lungo la ferrovia della val d’Isarco (Bolzano-Brennero), costruiti col granito delle cave locali, esempi di corretto inserimento delle infrastrutture di trasporto nell’ambiente alpino.
In questo vasto tema, al confine fra tecnologia, funzionalità ed estetica, si innesta il già citato interrogativo: quando è corretto demolire un vecchio fabbricato che non serve più per crearne uno più grande o destinare l’area ad altro uso? Per ricercare il doveroso equilibrio fra il futuro e la memoria, sarebbe utile studiare quelle architetture cosiddette minori, imparare a riconoscere le declinazioni formali dei vari fabbricati di servizio delle ferrovie e delle autostrade, dei porti e degli aeroporti.

I TRASPORTI NELLE ESPRESSIONI ARTISTICHE
Fra i vari modi di trasporto, quello che ha maggiormente ispirato scrittori e registi è stato il treno.
L’aereo compare generalmente solo come veicolo a grande velocità che consente di spostare le persone dall’uno all’altro capo del mondo nel giro di poche ore; diventa protagonista nel racconto di disastri impressionanti o dirottamenti. Anche la nave compare poco: praticamente solo nelle ricostruzioni di vecchie storie di emigranti o, al contrario, nelle storie di gente dedita al lusso delle crociere.

Diverso è il caso dell’automobile, che è così strettamente legata alla nostra vita da comparire continuamente nei libri e nei film, dalle scene di vita quotidiana agli inseguimenti spericolati dei polizieschi, dalle fughe on-the-road agli assassini di mafia alle scene di amori-senza-casa. Niente da paragonare, comunque, col fascino straordinario di un convoglio ferroviario, di ieri come di oggi.
Il treno letterario più famoso è, forse, l’Orient Express di Agatha Christie, per via di quel delitto che ispirò un film altrettanto noto. Ma sono infiniti i film ambientati all’interno di un treno in corsa, o che mostrano almeno una scena di arrivo o di partenza alla stazione.
Le arti figurative si impadronirono della strada ferrata fin dalle origini: ricordiamo certe litografie inglesi dell’Ottocento, le scene di quarta classe di Daumier, i celebri interni della “Gare di Saint-Lazare” di Monet. Infine molti brani musicali sono ispirati al treno, a partire da “Pacific” di Arthur Honegger, che si rifà al ritmo di una locomotiva in corsa.
Se il treno ha ispirato la scrittura e il cinema, la pittura e la musica, l’automobile è protagonista nelle odierne forme di comunicazione di massa, a cominciare dalla pubblicità. Nessun prodotto sembra competere con l’automobile nella piacevolezza, varietà e allusività dei messaggi pubblicitari, anche perché questo status symbol ormai consolidato presenta una gamma ricchissima di valenze simboliche.


I TRASPORTI COME CULTURA DELL’AMBIENTE
Dobbiamo essere consapevoli che
alla qualità dell’ambiente il mondo dei trasporti contribuisce in larga misura.


Il problema dell'inquinamento
Le ragioni della situazione odierna stanno, da un lato, nell’aumento vorticoso della mobilità che si è verificato nel dopoguerra, dall’altro nel deciso orientamento – per il trasporto sia delle persone che delle merci – verso gli autoveicoli. Sta di fatto che, nel settore dei trasporti, le emissioni di sostanze nocive sono imputabili, per oltre il 90%, proprio al traffico stradale.
Data la gravità della situazione dovremmo impegnarci – e ne siamo ormai consapevoli – per conciliare le esigenze legate allo sviluppo e alla mobilità delle persone col diritto della collettività, e delle generazioni future, ad un ambiente vivibile. Si tratta di cercare un punto di equilibrio fra due versanti che appaiono, di per sé, inconciliabili.

L’inserimento di infrastrutture
Malgrado gli atteggiamenti di opposizione che, spesso, si levano nei confronti di nuove ferrovie e autostrade, è indiscutibile che queste sono indispensabili sia per lo sviluppo economico sia per soddisfare il diritto alla mobilità e alla sicurezza di tutti. Pertanto nel nostro territorio saranno inserite in futuro – come è avvenuto in passato - molte nuove infrastrutture di trasporto. Quelle infrastrutture andranno a modificare il paesaggio e le città. Ma allora è importante – e questo è il punto – che le opere siano di qualità. Per le molte infrastrutture in programma nel nostro Paese dovremmo, pertanto, pretendere anche una buona qualità del progetto architettonico, possibilmente chiamando i migliori progettisti che hanno già dato prove positive.
 

L’attenzione per il grande tema delle infrastrutture di trasporto è ormai diffusa, soprattutto negli ambiti universitari. Del resto possiamo ritenere che progettare, per esempio, un’autostrada rappresenti, per un architetto d’oggi, un’impresa stimolante come, per un architetto del Rinascimento, era una sfida entusiasmante l’esser chiamato a disegnare una piazza o una dimora patrizia.

È in questo modo che il campo dei trasporti entra in relazione, oggi, con le aspirazioni ideali della cultura.
  
Laura Facchinelli
Ideatrice di Trasporti & Cultura


 

 

 

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