Convegni

 

Paesaggio Italia e mobilità: questo il titolo del convegno che si è svolto il 7 maggio scorso a Venezia, nella prestigiosa sede dell’Ateneo Veneto, per iniziativa della rivista Trasporti & Cultura in collaborazione con la sezione veneziana della FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari). Si è parlato di qualità architettonica – un tema di attualità, data la proposta di legge in discussione in Parlamento – con riferimento alle infrastrutture di trasporto: la finalità era quella di  approfondire e attualizzare il significato di salvaguardia del nostro territorio, che vuol dire anche progettare un contemporaneo che sia coerente con la straordinaria storia italiana nel campo delle arti.

“La nostra Italia è stata amata, fin dall’antichità, da principi, intellettuali e artisti per le sue bellezze naturali e per la ricchezza di opere d’arte, di monumenti, di edifici”: così ha esordito Laura Facchinelli, direttore responsabile della rivista Trasporti & Cultura, in apertura dei lavori. Il paesaggio naturale, nel corso dei secoli, è stato modificato, ‘interpretato’ da architetti che hanno saputo disegnare le nostre splendide città e gli infiniti paesi-gioiello disseminati ovunque. Per continuare la nobile tradizione artistica dei nostri antenati dovremmo continuare a costruire edifici belli: non solo nelle piazze principali ma anche nelle periferie urbane e negli spazi pubblici di transito, che pure ci appartengono. Purtroppo, da 50 anni a questa parte, è intervenuto un mutamento rapidissimo e in gran parte negativo: si pensi alla frettolosa ricostruzione del dopoguerra, ma soprattutto allo sviluppo delle infrastrutture al servizio della mobilità, con la ferrovia che via via è stata lasciata al suo destino, mentre si dava impulso alla costruzione di strade, autostrade, tangenziali, svincoli, rotatorie. Ma le strade (che sono indispensabili, invasive e destinate ad aumentare rapidamente permanendo nelle generazioni future, e pertanto costituiscono il problema-simbolo della nostra crescente mobilità) debbono rispettare il paesaggio ed essere ben progettate sotto il profilo della funzione e della forma

Ma il nostro paesaggio è cambiato male anche per certe infrastrutture dei porti e per i capannoni industriali disseminati ovunque, per gli squallidi casermoni di periferia, per i centri commerciali, per tutti quegli edifici pubblici e privati banali, volgari, che si insediano all’interno delle nostre città, creati solo dalla speculazione economica o da interessi indifferenti al benessere della collettività. Le dimensioni del fenomeno sono enormi: infatti, rispetto alla consistenza immobiliare precedente alla guerra, le opere nuove sono molto più numerose.

Il problema della qualità architettonica, in altri Paesi, è  stato affrontato da tempo e la Francia è stata la prima, nel lontano 1977, ad emanare una legge per l’architettura, ponendo la base per la realizzazione di piani urbani di qualità. Manuel Roberto Guido della DARC (Direzione per le Arti e le Architetture Contemporanee, Ministero dei Beni Culturali) ha ricordato che nel  febbraio 2001 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato la Risoluzione sulla qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale, nella quale si sottolinea l’importanza dell’architettura, come “elemento fondamentale della storia, della cultura e del quadro di vita di ciascuno dei nostri paesi”, come forma di espressione artistica “essenziale nella vita quotidiana dei cittadini”. Si tratta di un valore talmente importante che il Consiglio dell’Unione Europea, nella sua politica di indirizzo, incoraggia gli Stati membri “ad intensificare gli sforzi per una migliore conoscenza e promozione dell’architettura e della progettazione urbanistica, nonché per una maggiore sensibilizzazione e formazione dei committenti e dei cittadini alla cultura architettonica, urbana e paesaggistica”.

In sintonia con tale documento, l’Italia, la cui Costituzione stessa prevede espressamente la tutela del paesaggio, ha elaborato un disegno di Legge-quadro sulla qualità architettonica, che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri l’estate scorsa ed è attualmente in discussione in Parlamento. Il documento permette la programmazione del concorso come anello mancante dell’urbanistica italiana, perché il concorso vuol dire confronto, e quindi scelta del risultato migliore, chiamando a partecipare anche i giovani, che nell’attuale situazione normativa non sono in grado di muoversi. Il problema della qualità architettonica si pone su tre livelli: alla base c’è una qualità di tipo prestazionale, oggettivamente definibile, a un livello più elevato si pone la qualità di tipo funzionale, ancora più in alto si pone la qualità di tipo estetico, e in questo caso si tratta di rendere percepibili i valori dei quali l’architettura è portatrice in ambito culturale, prendendo in considerazione il rapporto con il contesto. Il progetto di un’opera di vasta portata come, ad esempio, un’autostrada dev’essere condiviso da tutti quelli che hanno interesse, ma a volte è inevitabile un compromesso e l’opera, pur discutibile, viene realizzata.

Sempre in tema di infrastrutture di trasporto, Enzo Siviero dello IUAV ha parlato dei moderni criteri di progettazione partendo dall’importanza della ricerca e dell’attività didattica come basi imprescindibili per la creazione di buoni professionisti. “L’architettura è l’unica arte che noi subiamo”, ha affermato Siviero, “ e l’architettura del territorio è ancora di più!”. Ma le cose intorno a noi sono brutte, rileviamo spesso trascuratezza e sporcizia. E’ sbagliato l’attuale criterio di affidamento degli incarichi che prende in considerazione la quantità delle cose fatte: si deve partire dal concorso di idee, poi eventualmente interverrà la società di ingegneria. Lo IUAV ha stipulato accordi di collaborazione con Anas, RFI, Veneto Strade, e questi sono fatti concreti che aprono nuove prospettive. “La buona progettazione – ha concluso il docente – nasce da un atteggiamento mentale positivo”.

Alla base di una buona progettazione si pone dunque il problema della formazione, e proprio di formazione universitaria e ricerca ha parlato Carlo Magnani, preside della Facoltà di Architettura dello stesso IUAV, che ha anche coordinato i lavori del convegno. La Facoltà di Architettura di Venezia è una delle più prestigiose d’Europa. A una prima fase in cui, sotto la direzione di Samonà, vennero chiamati a insegnare alcuni grandi architetti, fece seguito una fase di “massificazione”, con 12.000 studenti e un atteggiamento che, dall’unità culturale fra diversi, sempre più si orientò alla difesa, da parte di ciascuno, della propria autonomia: il progetto si riduceva a procedura, non c’era collaborazione fa mondo professionale e mondo accademico. Ed ecco la presente terza fase, a numero chiuso (con 7.000 studenti e l’obiettivo di scendere a 5.000), con la trasformazione da Istituto di Architettura ad Ateneo: l’unico, in Italia, ad avere una missione unitaria. E’ opportuno riaccorpare per evitare la dispersione di risorse, ristrutturare. E’ necessario puntare alla progettazione integrata. Spesso oggi non c’è progetto ma solo rispetto di requisiti prestazionali e rimozione degli ostacoli alla realizzazione dell’opera: dobbiamo puntare a un livello più alto e andare oltre le capacità professionali esistenti, perché solo mettendoci tutti assieme possiamo ottenere un sapere complesso. La cultura delle infrastrutture, in particolare, è spesso delegata all’operatività dell’ingegnere, il quale progetta una “macchina” con caratteristiche prestabilite ma indifferente al contesto. Progettazione delle infrastrutture e progettazione urbanistica vanno studiate assieme:  i luoghi dell’intermodalità sono anche luoghi urbani, la strada è uno spazio pubblico rilevante, ma è importante anche il disegno del guard-rail, che non può rispondere solo a ragioni di sicurezza. Il sapere tecnico deve integrarsi con l’impostazione culturale, perché la tecnica cieca porta all’errore.

Nella seconda parte del convegno, tre giovani architetti hanno portato la loro esperienza di infrastrutture di trasporto realizzate in altre paesi europei. Giacomo Delbene ha parlato del sistema infrastrutturale attuato, negli anni recenti, nella città di Barcellona, soffermandosi sulle importanti opere viarie e sulla sistemazione del waterfront. Cristiana Mazzoni ha presentato le grandi opere realizzate in Francia in tema di stazioni ferroviarie, distinguendo fra interventi di rinnovo ed ampliamento di stazioni ottocentesche per l’arrivo del TGV, nuove stazioni all’interno di città e nuove stazioni nel territorio. Giovanni Corbellini ha illustrato, con molteplici esempi, le linee ispiratrici degli olandesi che nella progettazione di nuove opere sono pragmatici e capaci di trasformare gli elementi problematici in opportunità, inoltre sono dotati di senso dell’ironia e – altra nota decisamente positiva - fanno lavorare i giovani.

Infine Valerio Paolo Mosco, romano, ha delineato una storia dell’architettura delle infrastrutture, che non è più solo l’architettura delle stazioni o degli aeroporti, ma corrisponde ormai a tutti gli edifici concepiti sulla mobilità, e specificatamente sulla mobilità di massa. La quale ha messo a punto, negli anni, una propria estetica e un proprio  sistema di valori.

A conclusione del convegno è stato letto il manifesto del Movimento Paesaggi Futuri, che sottolinea l’esigenza di impegnarsi nella contemporaneità, assecondando le inevitabili trasformazioni del territorio con una progettazione che, per qualità e inventiva, riprenda e attualizzi la splendida storia italiana nel campo delle arti.

  

 

ARTICOLO DI LAURA FACCHINELLI

PUBBLICATO NEL QUINDICINALE

“IL GIORNALE DELL’INGEGNERE”

 

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