La Rivista

EDITORIALE

 

Slanci progettuali

Vecchio e nuovo: ecco il leit-motive di questo terzo numero della rivista, che apre con alcuni saggi sulle infrastrutture portuali. Rispettare le testimonianze significative del passato, cimentarsi in nuove forme e opportunità. Nel porto di Trieste, mentre si studia il potenziamento degli impianti per aumentarne l’efficienza, si analizzano le architetture degli edifici storici, che verranno restaurate con cura. L’antico porto di Genova è stato non solo salvato, ma anche trasformato in una grande piazza aperta al pubblico, con servizi e attrattive di grande richiamo. Al contrario, nel porto di Gioia Tauro il vecchio non c’è, perché la struttura è nata da pochi anni e si è conformata direttamente sulle dimensioni operative delle navi porta-container.

Poi ci sono le aree dismesse (per esempio scali ferroviari, o fabbriche insediate lungo i binari), cancellate dagli interessi economici ma non dal corpo delle città, dove anzi si incancreniscono in un polveroso e tetro abbandono.  Anche in questo caso, come nei porti storici, gli spazi “morti” possono risorgere a nuova vita, come sta succedendo nell’Emilia Romagna. Si impone l’esigenza di un progetto sensato, utile; sarebbe auspicabile un volo alto, per reinventare quegli spazi con un tocco di genialità.

Ci si chiede cosa debba essere conservato e cosa si possa, invece, distruggere per ricostruire. La scelta resta, talvolta, affidata a modesti burocrati, spesso risponde a spinte interessate, se non a vere e proprie operazioni ad alto profitto. Operazioni che nulla hanno a che fare con una valutazione obiettiva e colta di cosa davvero rappresenti degnamente il passato e quindi debba essere salvato.

Anche il nuovo spesso risponde a obiettivi limitati. Per esempio, progettando nuove  infrastrutture di trasporto, ci si limita a calcoli di pura ingegneria, senza slanci creativi. Sono occasioni perdute. Il nostro Paese ha perduto molte di quelle occasioni; altrove, in Europa, hanno potuto operare buoni disegnatori di infrastrutture nel paesaggio. Cercheremo di comprendere le ragioni del nostro ritardo, ma ormai certi edifici sciatti, certi viadotti improvvisati ci sono, e rimangono. Peccato!

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